23 Maggio 2022

Versamento Iva e rettifica di fatture per operazioni inesistenti

di Luigi Ferrajoli
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Ai sensi dell’articolo 21, comma 7, D.P.R. 633/1972 Se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, ovvero se nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative sono indicati in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura”.

Si tratta del cosiddetto principio della “cartolarità dell’imposta”, secondo il quale, se l’Iva è indicata nella fattura o in qualsiasi altro documento che ne fa le veci, essa deve essere versata comunque allo Stato.

Tale principio è diretto ad impedire la frode fiscale che potrebbe verificarsi quando l’importo dell’Iva, indicato nella fattura o in altro documento che ne fa le veci, è soggetto alla detrazione.

Anche qualora tale importo non rientrasse nell’ambito dell’applicazione del sistema dell’Iva e non fosse soggetto al procedimento di detrazione, il principio del formalismo dell’imposta richiede che l’Iva riportata nella fattura venga versata allo Stato, poiché, se così non fosse, si verificherebbe un arricchimento senza causa di colui che rilascia la fattura a danno dei consumatori che hanno versato l’Iva per i servizi resi o per i beni ceduti.

Tale disposizione non è stata creata per fini sanzionatori ma per ricondurre a coerenza il sistema impositivo Iva fondato sui principi della rivalsa e della detrazione.

Secondo tale principio l’emissione di fatture per operazioni inesistenti obbliga l’emittente al versamento dell’imposta indicata nel documento fiscale salva la possibilità per l’emittente di procedere alla rettifica o all’annullamento della fattura.

In questo senso, anche la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 6788/2022, depositata lo scorso 1° marzo, ha recentemente ribadito che “In tema di Iva, in caso di operazione inesistente, in difetto di rettifica o annullamento della fattura, sussiste l’obbligo di versamento dell’imposta per l’intero ammontare indicato in fattura, in quanto l’emissione del documento contabile determina l’insorgenza del rapporto impositivo, senza che ciò contrasti con il principio di neutralità dell’Iva, prevalendo la funzione ripristinatoria conseguente all’eliminazione del difetto di rettifica o annullamento della fattura, a meno che non sia stato eliminato in tempo utile qualsiasi rischio di perdita del gettito fiscale derivante dall’esercizio del diritto alla detrazione”.

Inoltre, la Suprema Corte ha chiarito che l’obbligo di versamento dell’imposta in capo all’emittente delle fatture per operazioni inesistenti può essere superato solo con la rettifica o annullamento della fattura, non essendo possibile invocare la natura non imponibile dell’operazione (perché cessione all’esportazione o effettuata a fronte di dichiarazioni d’intento) in quanto qualifica non riferibile ad operazioni mai poste in essere.

Su tale questione occorre richiamare la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE che, nella sentenza 19.09.2000, causa C-454/98, afferma che quando il soggetto che ha emesso la fattura abbia tempestivamente del tutto eliminato il rischio di perdita fiscale dell’Erario, in base al principio della neutralità dell’Iva, si deve ritenere che l’imposta fatturata indebitamente sia regolarizzabile, senza condizionare siffatta regolarizzazione alla buona fede di chi abbia emesso la fattura.

La questione oggetto dell’intervento della Corte di Giustizia UE riguardava il caso di un operatore che aveva emesso fatture fittizie che successivamente aveva rettificato spontaneamente, comunicandolo alla controparte ed all’Amministrazione Finanziaria.

La Corte di Giustizia rileva, per contro, che allorché il rischio di perdita di entrate fiscali non sia stato completamente eliminato, gli Stati Membri possono subordinare la possibilità di regolarizzazione dell’Iva indebitamente fatturata alla condizione che colui che ha emesso la fattura dimostri la sua buona fede.

Infatti, se risultasse che non è più possibile annullare presso il destinatario della fattura la detrazione che gli è stata concessa, colui che ha emesso la fattura, che non è in buona fede, può essere considerato responsabile delle mancate entrate fiscali al fine di garantire la neutralità fiscale.

Infine, è necessario rilevare che in tale sentenza la Corte di Giustizia UE ha chiarito che il diritto comunitario non impedisce agli Stati Membri di ritenere la redazione ed emissione di fatture fittizie che indicano indebitamente un’imposta sul valore aggiunto come un tentativo di frode fiscale e di applicare, in tale caso, le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal diritto nazionale.