Verso la falcidia del debito per IVA nel concordato preventivo?
di Marco CapraNella gestione del concordato preventivo, ci eravamo (quasi) rassegnati a considerare intangibile il debito per IVA: difatti, la giurisprudenza nazionale e la prassi dell’Amministrazione finanziaria costantemente ribadivano il principio secondo il quale il debito deve sempre essere pagato per intero, in quanto risorsa propria dell’Unione europea, essendo possibile, tuttalpiù, una dilazione.
La discussione pareva già chiusa con le pronunce della Corte di Cassazione del 2011.
In particolare, gli Ermellini, con le sentenze nn. 22931 e 22932 del 2011, hanno ritenuto che l’obbligo al pagamento integrale dell’IVA non sarebbe precluso dalla circostanza che sussistono debiti privilegiati di grado superiore, in quanto, l’articolo 182-ter L.F. sarebbe da intendersi come una disposizione speciale, che conferisce al debito in parola un trattamento particolare e inderogabile, senza incidere sulle cause legittime di prelazione.
La Consulta, poi, con la sentenza n. 225 del 2014, ha affrontato la questione di legittimità degli artt.160 e 182-ter L.F., con riferimento all’articolo 3 e 97 della Costituzione.
Con circolare n.19/E del 2015, l’Agenzia delle entrate ha, quindi, confermato la natura speciale delle disposizioni sulla transazione fiscale, la quale rappresenta una deroga al principio di indisponibilità della pretesa tributaria da parte dell’Amministrazione finanziaria, ma ribadendo la non falcidiabilità del debito IVA.
Negli ultimi giorni, però, c’è stato un inatteso ed insperato colpo di scena a livello comunitario: l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia UE ha sdoganato la falcidia, nelle sue conclusioni dello scorso 14 gennaio in merito alla Causa C-546/14.
Ripercorriamo la vicenda.
Al Tribunale fallimentare di Udine era sottoposta una proposta di concordato preventivo liquidatorio, con previsione di pagamento integrale di alcuni creditori privilegiati ed il pagamento parziale di creditori privilegiati di grado inferiore (e dei creditori chirografari, ovviamente), tra cui l’Erario con riferimento al debito per IVA.
Il Tribunale interessava la Corte di Giustizia UE: la questione sollevata nella domanda di pronuncia pregiudiziale riguardava, appunto, il presunto ostacolo che il diritto comunitario avrebbe posto alla falcidia del debito per IVA di un imprenditore in crisi, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo.
Orbene, secondo l’Avvocato Generale, “Né l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, né la direttiva 2006/12/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, ostano a norme nazionali come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, qualora tali norme debbano essere interpretate nel senso di consentire ad un’impresa in difficoltà finanziaria di effettuare un concordato preventivo che comporta la liquidazione del suo patrimonio senza offrire il pagamento integrale dei crediti IVA dello Stato, a condizione che un esperto indipendente concluda che non si otterrebbe un pagamento maggiore di tale credito in caso di fallimento e che il concordato sia omologato del giudice”.
Sempre secondo l’Avvocato Generale, è ammesso il soddisfacimento parziale del debito per IVA (resta ferma, ovviamente, la possibilità che l’Amministrazione finanziaria creditrice voti contro il concordato), ove:
- il debitore ricorrente non abbia deliberatamente occultato parte dell’attivo o omesso di denunciare uno o più crediti;
- un esperto indipendente attesti che l’Amministrazione tributaria non avrebbe miglior soddisfazione in caso di fallimento.
Dopo le conclusioni dell’Avvocato Generale, non resta che attendere la sentenza della Corte di Giustizia.
Ma anche il mondo professionale italiano si è interessato della questione.
Il CNDCEC, con comunicato dello scorso 18 gennaio, ha sostenuto la posizione espressa dall’Avvocato Generale, rimarcando come rifletta l’opinione dei Commercialisti sulla transazione fiscale.
In precedenza, l’11 dicembre 2015, il Consiglio nazionale aveva presentato alla Commissione Rodorf [1] “Il contributo del CNDCEC alla riforma della crisi d’impresa – Profili tributari”, proponendo una riformulazione dell’art 182-ter L.F. secondo le seguenti coordinate:
- la falcidiabilità dell’IVA nazionale con il versamento della sola quota parte destinata al bilancio comunitario;
- l’estensione dell’istituto a tutti i tributi (anche locali);
- la preclusione agli Uffici della possibilità di rettificare in aumento l’ammontare della pretesa una volta condivisi i termini della proposta transattiva, in particolare, l’ammontare del credito tributario concordato.
Insomma, qualcosa comincia a muoversi.
[1] In ordine allo schema di “Disegno di legge delega recante la riforma ed il riordino delle procedure concorsuali”