Verso un vero processo tributario
di Massimiliano TasiniDire che il processo tributario è un vero processo può sembrare una affermazione sorprendente.
Ma ad essere sinceri, qualche volta siamo stati un po’ delusi; certo, in tutti i processi si potrebbe incontrare un Giudice che non ha intenzione di dare spazio alla discussione; che, innervosito da alcuni atteggiamenti del difensore si infervora; che non ha avuto il tempo necessario per studiare la causa come si conviene (e, aggiungo io, come merita chi esige giustizia).
Ma in passato, alcune cose sono accadute, per la verità, solo nel processo tributario: non ci piace parlarne, ma credo di interpretare il sentimento di tanti, delusi talora dallo svolgimento dei fatti, e con ciò dall’esito dei procedimenti.
Osservando il lavoro, fortissimo, svolto dalla Giustizia Tributaria – e, mi piace scriverlo con la maiuscola – in questi ultimi tempi, è però certo che il quadro è cambiato, e di molto. Il tecnicismo delle discussioni si avverte, e così la struttura delle pronunce: che, ovviamente, possono “soddisfare” ora l’una, ora l’altra parte, ma che, forse anche opinabili, sono sostanzialmente corrette.
È proprio di questi giorni l’esame di quattro pronunce rese da una Commissione Tributaria Provinciale che, sebbene tutte sfavorevoli al contribuente, sono ineccepibili, ed in quanto tali non saranno gravate di appello; ed è un tema che si pone sempre più spesso.
Una buona Giustizia fa bene a tutti: fa desistere contribuenti garibaldini da comportamenti antigiuridici, nella convinzione che sia possibile farla franca; fa bene alla pubblica Amministrazione, che se si vede colpita da severe condanne alle spese, al pari di quelle inflitte ai contribuenti, è certamente indotta ad una più severa riflessione sulla opportunità di procrastinare il contenzioso.
Per fare in modo che vi sia una buona Giustizia occorrono pochi ingredienti, semplici. È come fare il pane.
Servono Giudici preparati: non si può decidere su una materia, specie così complessa, se la si è studiata solo qualche decennio fà in università, se non si continua a studiarla tutte le settimane, se non si prende coscienza delle diverse correnti interpretative.
Servono Uffici dell’Amministrazione finanziaria altrettanto preparati e che, con equilibrio e senso di responsabilità, gestiscano la cosa pubblica con estrema delicatezza, e con la continua consapevolezza che si possono ed anzi si devono costruire “ceste” di contribuenti “buoni” che possono avere commesso qualche “marachella” e contribuenti “cattivi”.
Ma servono pure difensori che, oltreché corretti ed equilibrati – e, qui, fondamentale è il lavoro fatto sul versante della deontologia professionale -, sappiano quello che fanno: che nel proporre ricorsi siano in condizione di affrontare materie spesso estremamente tecniche, di carattere sostanziale ma anche processuale. Che conoscano i problemi legati alla sospensione dei giudizi sui soci di Srl ed al litisconsorzio sui soci di Snc; che sappiano trattare un diniego frapposto ad una istanza disapplicativa; che sappiano fino a che punto il fallito possa reagire da solo a fronte della inerzia del curatore. Solo per fare qualche esempio.
Se tutti quanti lavoriamo in questa direzione, il percorso sarà sempre più semplice, un passo alla volta. E, forse, faremmo meglio a lamentarci un po’ meno dei comportamenti “degli altri” ed un po’ di più a riconoscere i propri limiti, lavorando per rimuoverli. Le Scuole di Alta Formazione servono soprattutto a questo.
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4 Febbraio 2017 a 14:36
Come giudice tributario, attualmente vicepresidente alla CTP di Torino, ho apprezzato il suo articolo per il suo contenuto ed equilibrio. Nella mia ormai ultaventennale esperienza concordo che il tecnicismo e la complessità del contenzioso é aumentato, ma altresì l’impegno e la qualità delle sentenze rese dai giudici. Il che deve costituire uno stimolo a migliorare una giusitizxa, quella tributaria, che pur migliorabile, mi sento di dire, quale ex avvocato, é migliore sotto l’aspetto qualitativo e dei tempi delle decisioni, migliore di altre