Vincolo di sospensione di imposta da “riallineamento” apposto su riserve di capitale
di Fabrizio RicciGianluca CristoforiL’articolo 110 D.L. 104/2020 (cd. “Decreto agosto”), richiamando l’articolo 14 L. 342/2000, prevede la possibilità – tanto per i soggetti che redigono il bilancio sulla base delle disposizioni contenute nel codice civile, quanto per quelli che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali Ias/Ifrs – di dare rilevanza fiscale ai maggiori valori contabili iscritti nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, purché in relazione a tipologie di beni suscettibili di rivalutazione, previo pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap pari al 3% del “riallineamento” operato.
A differenza della rivalutazione dei beni d’impresa, l’applicazione del cd. “riallineamento” – in quanto volta al riconoscimento fiscale di valori già espressi in bilancio – non produce l’effetto di incrementare il patrimonio netto dell’impresa; tuttavia, tale riconoscimento è comunque subordinato all’accantonamento, per un ammontare corrispondente ai valori da riallineare, al netto dell’imposta sostitutiva, di un’apposita riserva su cui grava un vincolo di sospensione d’imposta.
L’articolo 14, comma 2, L. 342/2000, infatti, prevede che “L’importo corrispondente ai maggiori valori di cui al comma 1 è accantonato in apposita riserva cui si applica la disciplina dell’articolo 13, comma 3”, ovverosia la disciplina della sospensione d’imposta tipica dei saldi di rivalutazione.
Come previsto dall’articolo 10 D.M. 13.04.2001, n.162, anch’esso richiamato tra le disposizioni applicabili dall’articolo 110, comma 7, D.L. 104/2020, in caso di incapienza o di assenza di riserve è possibile rendere indisponibile anche il capitale sociale.
Per contro, non è possibile procedere al riallineamento nel caso in cui, nel patrimonio netto di bilancio, relativo all’esercizio con riferimento al quale è effettuato il riallineamento, non vi sia capienza per apporre il vincolo di sospensione d’imposta su riserve di utili o di capitale.
Tale “riserva da riallineamento” può essere altresì affrancata, rimovendo, così, il vincolo di sospensione d’imposta, mediante il versamento di un’ulteriore imposta sostitutiva con aliquota del 10%, rendendola, in tal modo, distribuibile senza oneri impositivi aggiuntivi in capo alla società distributrice.
Sulla disciplina del cd. “riallineamento” l’Amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti con le risposte alle istanze di interpello nn. 539 e 540 del 9 agosto 2021.
Seppur specificamente rivolte a soggetti che adottano i principi contabili internazionali Ias/Ifrs, i citati documenti contengono diversi chiarimenti applicabili anche ai “soggetti Oic”. In particolare, tra i diversi quesiti posti, è stato chiesto, “se in caso di non affrancamento, qualora siano vincolate in sospensione riserve di capitale, in caso di successiva distribuzione, sarebbero dovute unicamente le imposte in capo alla Società ma non sarebbe utile tassato in capo ai soci in quanto non cambierebbe la natura di capitale della riserva”.
A tal riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha osservato che “I commi 7 e 8 dell’articolo 110 del decreto-legge n. 104 del 2020 stabiliscono, tra l’altro, l’applicabilità delle previsioni di cui all’articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, il quale, a sua volta, al comma 2, ai fini del regime applicabile alla distribuzione delle riserve in sospensione d’imposta, opera un rinvio all’articolo 13, comma 3, della medesima legge riguardante il saldo di rivalutazione. Nel dettaglio, il citato articolo 13, comma 3, prevede che «Se il saldo attivo viene attribuito ai soci o ai partecipanti mediante riduzione della riserva prevista dal comma 1 ovvero mediante riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione o del fondo patrimoniale, le somme attribuite ai soci o ai partecipanti, aumentate dell’imposta sostitutiva corrispondente all’ammontare distribuito, concorrono a formare il reddito imponibile della società o dell’ente e il reddito imponibile dei soci o dei partecipanti»”.
Ciò posto, è stato precisato che: “Le somme distribuite, quindi, costituiscono utile sia in capo alla società distributrice, la quale potrà godere di un credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva versata per il riallineamento dei valori, sia nei confronti dei soci percipienti, in capo ai quali l’attribuzione sconta il regime fiscale ordinario proprio dei dividendi societari. Considerato che le disposizioni dettate dal legislatore all’articolo 13, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342, in caso di distribuzione del saldo attivo di rivalutazione, risultano essere pienamente applicabili anche alla riserva da riallineamento, come indicato dall’articolo 14, comma 2, della medesima legge, si ritiene che, in mancanza di una previsione espressa di segno contrario, tale trattamento fiscale sia indistintamente applicabile tanto alle riserve di utili quanto alle riserve di capitali”.
Tale conclusione non pare, tuttavia, convincente con riguardo alla posizione dei soci percipienti. L’assimilazione delle riserve di capitale a quelle di utili, in sede di distribuzione ai soci, arrecherebbe infatti un incomprensibile pregiudizio per questi ultimi, in quanto il mero rimborso di propri apporti in precedenza eseguiti a beneficio della società non è idoneo a far emergere alcuna manifestazione di capacità contributiva, almeno sino a concorrenza del costo fiscale della partecipazione.
Ove tali riserve fossero distribuite, infatti, fermo il concorso alla formazione del reddito della società, che si contrappone al già avvenuto riconoscimento fiscale del maggior valore attivo (recuperabile con l’ammortamento o con eventuali altre forme di realizzo), nei rapporti con i soci la riserva dovrebbe mantenere la propria natura “di capitale”, per evidenti ragioni di ordine logico e sistematico finalizzate a evitare l’emersione di base imponibile senza alcuna concreta manifestazione di capacità contributiva.
A differenza di quanto avviene in ipotesi di rivalutazione, infatti, per effetto del riallineamento non si “incrementa” il patrimonio netto attraverso l’iscrizione di plusvalori latenti (utili non ancora realizzati), considerato che il vincolo di sospensione d’imposta viene apposto su una parte del patrimonio netto preesistente che, come tale, dovrebbe mantenere – nei rapporti con i soci – la medesima natura di riserva “di capitale” o “di utile”, a seconda della causa di relativa formazione.