Violazioni dei principi europei: procedure e conseguenze
di Angelo GinexIn via generale, il contrasto di una norma interna con una norma o un principio di diretta applicabilità del diritto europeo può condurre all’annullamento di un atto di accertamento o anche solo ad una parte di esso.
Sul punto, è opportuno evidenziare che le contestazioni relative alle violazioni dei principi europei devono essere avanzate secondo le modalità ordinarie, ossia innanzi alle Commissioni tributarie e alla Corte di Cassazione, sin dal ricorso introduttivo.
Con riguardo alle conseguenze giuridiche della violazione del diritto europeo, occorre distinguere a seconda che essa riguardi specificamente il diritto UE o il diritto CEDU.
Nel primo caso, le norme hanno una efficacia immediata e diretta nell’ordinamento degli Stati membri, giacché esse vincolano tutti i soggetti che sono chiamati ad applicarle, sebbene non sia consentito un ricorso giurisdizionale diretto del cittadino davanti alla Corte di Giustizia, fatta eccezione per gli atti emanati dagli organi dell’UE.
Nel secondo caso, invece, le norme e i principi sono costituzionalmente interposti, sicché solo la Corte Costituzionale, in ossequio all’articolo 117 Cost., può stabilire l’incompatibilità della norma interna con la CEDU, sancendone l’eventuale incostituzionalità.
Inoltre, trattasi di un sistema che consente ai cittadini degli Stati aderenti di ricorrere in via diretta alla Corte di Strasburgo, a condizione però che siano stati esperiti tutti i gradi di ricorso contemplati dalla giurisdizione nazionale.
Alla luce di quanto innanzi, quindi, il ricorso alla Corte EDU si configura in due stadi, uno nazionale ed uno europeo, con la conseguenza che il difensore tributario deve tener conto delle preclusioni processuali tanto con riguardo ai tre gradi di giudizio nazionali quanto a quelle specificamente previste dalla giurisdizione CEDU.
Con riferimento, invece, alla procedura per accedere alla CGUE, mette conto rilevare che l’articolo 267 TFUE ne consente il ricorso esclusivamente a seguito di rinvio pregiudiziale operato dal giudice nazionale, attribuendo alla stessa solo una funzione interpretativa del diritto UE.
Venendo allo specifico ambito tributario, nell’impugnare un atto di accertamento per incompatibilità della norma nazionale con il diritto UE, il difensore deve considerare se:
- l’incompatibilità è evidente e chiedere conseguentemente la disapplicazione della norma interna, in ragione della supremazia del diritto comunitario rispetto a quello nazionale;
- l’incompatibilità è dubbia e chiedere quindi al giudice di rinviare gli atti alla CGUE per dirimere il dubbio interpretativo in questione.
Sul punto, va altresì rilevato che il citato rinvio può essere facoltativo o obbligatorio, a seconda che debba essere operato dal giudice di merito o da quello di legittimità.
Ed invero, nel caso di CTP o CTR, il rinvio alla CGUE è facoltativo, posto che il giudice può ritenere irrilevante la questione, non sussistendo in questa ipotesi l’obbligo di motivare il mancato rinvio; nel caso in cui, invece, ritenga fondata la pregiudiziale europea, allora dovrà emettere una ordinanza di rimessione degli atti alla CGUE.
Di contro, per la Corte di Cassazione sussiste un obbligo di effettuare il rinvio alla CGUE, qualora ritenga che la questione sia fondata, mentre in caso contrario sarà tenuta a motivare specificamente il rigetto, ferma restando la possibilità del difensore rimasto soccombente in tale giudizio di adire la Corte EDU, restandogli invece preclusa un’azione interpretativa da parte della Corte di Giustizia.
Tanto premesso, appare opportuno analizzare il modus procedendi che il difensore tributario potrebbe adottare nello spiegare le proprie difese nel caso in cui ravvisi un contrasto tra una norma italiana ed un principio sancito dalla CEDU. In particolare:
- in via principale, può chiedere al giudice una interpretazione convenzionalmente o eurounitariamente orientata della norma italiana;
- in subordine, qualora ciò non sia possibile, può chiedere al giudice di disapplicare la norma interna per contrasto con il diritto UE o, ancora, chiedere di rimettere gli atti alla Corte di Giustizia, qualora il giudicante abbia espresso riserve circa l’effettivo contrasto con il diritto UE;
- in ulteriore subordine, può domandare la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, al fine di verificare la legittimità costituzionale della norma interna in contrasto con la CEDU.
In conclusione, è di tutta evidenza come il difensore tributario, per un verso, debba indicare sin dal ricorso introduttivo dinanzi al competente organo nazionale eventuali violazioni del diritto europeo; per altro verso, deve saper ben attingere agli strumenti di tutela apprestati dal diritto europeo, al fine di non incorrere in eventuali preclusioni processuali.