Il visto di conformità infedele sul modello 730
di EVOLUTIONCome noto, il D.Lgs. 175/2014 ha innovato, rispetto al passato, la disciplina del visto di conformità infedele. In particolare – salvo la presentazione di una dichiarazione “rettificativa” – se il CAF o il professionista abilitato appone un visto di conformità infedele, questi è tenuto al pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente a seguito dei controlli formali da parte dell’Agenzia delle Entrate, sempre che il visto infedele non sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.
Sul punto, per effetto del D.L. 193/2016, è stato precisato che in caso di visto infedele apposto sul modello 730, CAF e professionisti possono produrre una dichiarazione “rettificativa” o una comunicazione rettificata (se il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione), anche dopo il termine del 10 novembre, sempre che l’infedeltà del visto non sia già stata contestata. In tali casi – come vedremo in seguito – è dovuta solo la sanzione per la quale è possibile beneficiare delle riduzioni previste per il ravvedimento operoso. Le conseguenze dell’apposizione del visto infedele, tuttavia, sono distinte in funzione dell’oggetto dei controlli.
Con riferimento al modello 730, infatti, le cause di punibilità riguardano solo quelle che conseguono il controllo effettuato ai sensi dell’articolo 36-ter D.P.R. 600/1973.
Ne deriva che – precisa la circolare AdE 7/E/2017 – la responsabilità è conseguente al rilascio del visto di conformità “infedele” in relazione alla verifica:
- della corrispondenza dell’ammontare delle ritenute, anche a titolo di addizionali, con quello delle relative certificazioni esibite;
- delle detrazioni d’imposta spettanti in base alle risultanze dei dati della dichiarazione e ai documenti presentati dal contribuente;
- delle deduzioni dal reddito spettanti in base alle risultanze dei dati della dichiarazione e ai documenti presentati dal contribuente;
- dei crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalla dichiarazione e ai documenti prodotti dal contribuente.
Per quanto riguarda la documentazione esibita dal contribuente utile ai fini dei controlli “diversi” da quelli di cui all’articolo 36-ter del D.P.R. 600/1973, rimane fermo che il CAF o il professionista abilitato è responsabile per la non corretta verifica:
- della corrispondenza dell’ammontare degli imponibili con quello delle relative certificazioni esibite (CU);
- dell’ultima dichiarazione presentata in caso di eccedenza d’imposta per la quale si è richiesto il riporto nella successiva dichiarazione dei redditi;
- delle detrazioni d’imposta non eccedenti i limiti previsti dalla legge e della corrispondenza con le risultanze dei dati della dichiarazione;
- delle deduzioni dal reddito non superiori ai limiti previsti dalla legge e della corrispondenza alle risultanze dei dati della dichiarazione;
- dei crediti d’imposta non eccedenti le misure previste per legge e spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione;
- degli attestati degli acconti versati o trattenuti.
In particolare, l’Agenzia precisa che occorre tener conto dell’esigenza di evitare che una spesa possa essere dedotta/detratta due volte:
- la prima come onere di cui ha tenuto conto il sostituto d’imposta;
- la seconda come onere da far valere in sede di dichiarazione dei redditi.
Pertanto, il contribuente, nelle ipotesi in cui intenda dedurre/detrarre in sede di dichiarazione dei redditi la medesima tipologia di onere già presente nella CU, deve annotare sul documento di spesa che la stessa è diversa da quella di cui ha tenuto conto il sostituto d’imposta. L’annotazione deve essere sottoscritta dal contribuente.
Sarà cura del soggetto che presta l’assistenza informarlo dei presupposti che legittimano la deduzione/detrazione (circolare AdE 18/E/2009).
Il rilascio del visto di conformità non implica il riscontro della correttezza degli elementi reddituali indicati dal contribuente (ad esempio, l’ammontare dei redditi fondiari). Pertanto, il contribuente non è tenuto a esibire la documentazione relativa all’ammontare dei redditi fondiari indicati nella dichiarazione (ad esempio, certificati catastali di terreni e fabbricati posseduti, raccomandata all’inquilino).
Qualora il CAF o il professionista abilitato successivamente alla trasmissione della dichiarazione riscontri errori che hanno comportato l’apposizione di un “visto infedele” sulla dichiarazione avvisa il contribuente al fine di procedere all’elaborazione e trasmissione all’Agenzia delle Entrate della dichiarazione “rettificativa”, mediante il modello 730 relativo al periodo d’imposta da rettificare.
La trasmissione può essere effettuata sempre che non sia stata già contestata l’infedeltà del visto con la comunicazione di cui all’articolo 26 del D.M. 164/1999 (è comunicato l’esito del controllo ed i motivi che hanno dato luogo alla rettifica dei dati).
Se il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione, il CAF o il professionista abilitato possono comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati rettificati, e anche in questo caso l’infedeltà non deve essere stata già contestata.
Al riguardo, la circolare AdE 7/E/2017 ha precisato che:
- sia nel caso di presentazione della dichiarazione “rettificativa” che nel caso di comunicazione dei dati rettificati da parte del CAF o del professionista abilitato, la responsabilità di questi è limitata al pagamento della sola sanzione che sarebbe stata richiesta al contribuente;
- l’imposta e gli interessi restano a carico del contribuente;
- se la rettifica riguarda sia errori che comportano l’apposizione di un visto infedele, sia errori che non comportano l’apposizione di un visto infedele, la responsabilità è limitata al pagamento della sola sanzione che sarebbe stata richiesta al contribuente in relazione all’errore che configura il visto infedele.
Nella Scheda di studio pubblicata su Dottryna sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti:
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