Ciò posto, con la imminente sottoscrizione dell’agognato accordo bilaterale con l’Italia, il primo effetto sarà quello di sterilizzare ai fini delle imposte, il raddoppio dei termini di accertamento previsto, in via ordinaria, per i capitali detenuti in Stati Black list, dall’art. 12, D.L. 78/2009. In sostanza, sempre che non vi siano gli estremi per la denuncia di un reato fiscale negli anni precedenti fino al 2004, resteranno accertabili (e dunque da regolarizzare) solo i periodi di imposta dal 2009 (in caso di dichiarazione omessa) o dal 2010 (in caso di dichiarazione infedele) al 2013, ultimo periodo di imposta rientrante nel perimetro della voluntary (tramite cui si possono sanare le violazioni commesse fino al 30.09.2014). A tal fine, inoltre, è necessario che il contribuente rilasci all’intermediario estero l’autorizzazione a trasmettere i dati all’Agenzia delle Entrate in caso di richiesta.
Si deve sottolineare come invece dal punto di vista del monitoraggio fiscale il raddoppio dei termini operi regolarmente (non essendo stato escluso in sede normativa), per cui restano contestabili dal Fisco, e devono pertanto essere regolarizzati in sede di voluntary, le violazioni commesse dagli anni 2004 (anche se, seguendo l’orientamento contenuto nella sentenza di Cassazione n. 26848/2014 si dovrebbe in verità partire dal 2006) al 2013.
Per quanto riguarda le sanzioni, l’accordo produrrà benefici sia con riferimento alle imposte che al monitoraggio. Sotto il primo profilo, infatti, viene espressamente “bloccato” il raddoppio delle sanzioni previsto sempre dall’art.12, D.L. 78/2009, a partire dal periodo di imposta 2008, in caso di capitali detenuti in Paesi Black list. Tornano pertanto ad essere applicabili le sanzioni del 120% (dichiarazione omessa) e del 100% (dichiarazione infedele). Tali sanzioni, nella migliore delle ipotesi per il contribuente, potranno essere definite pagando, a conti fatti, 1/8 delle stesse. D’altro canto, si deve osservare come resti pienamente operativa la presunzione, introdotta dallo stesso art. 12, secondo cui i capitali detenuti in Paesi Black list si presumono, salva prova contraria, costituiti con redditi sottratti a tassazione in Italia e dunque scatta l’equazione capitale=reddito con tutto ciò che ne consegue sotto il profilo delle imposte dovute se la costituzione dei fondi esteri è avvenuta in un periodo ancora accertabile dal Fisco.
Dal punto di vista del monitoraggio fiscale, infine, grazie all’accordo, la sanzione RW viene fissata per i periodi ancora contestabili pari, in ogni caso, al 3% (invece che il 5% fino al 2007 e il 6% dal 2008). Sotto tale aspetto, in pratica, vi è un trattamento sanzionatorio analogo a quello dei Paesi non inclusi nelle Black list. In definitiva, grazie alla riduzione delle sanzioni da RW alla metà prevista per la voluntary (sempre che vi sia l’autorizzazione all’intermediario estero o il trasferimento in Italia o in Paese UE o SEE con effettivo scambio di informazioni, altrimenti opera la riduzione di un quarto) e la riduzione a un terzo in caso di definizione della contestazione, il contribuente può regolarizzare la propria posizione pagando per ciascun anno lo 0,5% dello stock al 31.12, in attesa che l’Agenzia delle Entrate nella circolare di prossima emanazione chiarisca una volte per tutte il delicato tema dell’eventuale applicabilità del cumulo giuridico.