Voluntary disclosure internazionale e domestica a braccetto
di Nicola FasanoFra i temi più delicati da affrontare nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria vi è quello della relazione fra la procedura internazionale, attività cioè da soggetti che hanno violato le norme in materia di monitoraggio fiscale detenendo illecitamente capitali all’estero e quello della procedura nazionale, strettamente intesa, relativa cioè a violazioni diverse da quelle connesse con la illegittima detenzione di capitali esteri.
I dubbi nascono dal fatto che l’art. 5-quater co. 1, lett. a), D.L. 167/1990 introdotto dalla L. 186/2014 prevede che ai fini della sanatoria “internazionale” il contribuente deve, in primo luogo indicare spontaneamente all’Amministrazione finanziaria, mediante la presentazione di apposita richiesta, tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, fornendo i relativi documenti e le informazioni per la determinazione dei redditi che servirono per costituirli o acquistarli, nonché dei redditi che derivano dalla loro dismissione o utilizzazione a qualunque titolo. Ciò con riferimento a tutti i periodi di imposta ancora accertabili. Non solo, la disposizione prosegue stabilendo che il contribuente deve esibire, sempre con riferimento a tali anni, anche i documenti e le informazioni per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’Irap, dei contributi previdenziali, dell’iva e delle ritenute, non connessi con le attività costituite o detenute all’estero.




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